Nasce Articolo 1 – Movimento democratico e progressista

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Intervista La Stampa del 25 febbraio 2017 di A. Carugati

Renzi ha rottamato anche il rispetto, restare nel Pd era impossibile.

Domenica scorsa è toccato a Guglielmo Epifani il discorso della scissione all’assemblea nazionale Pd. Un discorso dai toni bassi, ma dal contenuto molto duro, tutto incentrato sull’incompatibilità tra le politiche renziane su lavoro e scuola e una certa idea di sinistra. Sei giorni dopo, alla Città dell’Altra economia di Testaccio, c’è il battesimo della nuova forza “Articolo 1 -Movimento democratico e progressista”, che richiama il lavoro e la Costituzione già nel nome. L’ex segretario della Cgil e del Pd se ne sta lontano dai riflettori. Fuori dalla saletta dove Roberto Speranza, Enrico Rossi e l’ex Sel Arturo Scotto presentano il movimento alla stampa. Epifani chiacchiera con militanti di ieri e di domani. “Si parte, mi sembra di tornare giovane, in questi giorni sto rivedendo tante persone che avevo perso di vista”.

Avrebbe mai immaginato di arrivare a lasciare il Pd?

«Sinceramente no. Ma riflettendoci bene quello che è successo risponde a una legge di natura: una forza politica grande e complessa la tieni insieme solo se hai regole che tutelano le minoranze. Se questo non c’è si arriva a una scomposizione. Più un partito è grande, più ha bisogno di regole democratiche. Solo quelli piccoli possono sopravvivere con le regole di un partito personale».

Renzi e i suoi le risponderebbero che nel Pd le minoranze non sono state discriminate.

«Io non ho mai fatto polemiche o interviste contro. E di organizzazioni complesse me ne intendo. Ricordo nella Cgil il tempo e la pazienza con cui si lavorava per tenere conto dei punti di vista e dei diritti delle minoranze. Questo avveniva anche nella Dc: per stare insieme ci vuole il rispetto reciproco, e nel Pd di Renzi non c’era. E’ riuscito a rottamare anche questo principio. Rispetto è un concetto molto diverso da premiare chi è fedele al capo. Abbiamo provato a restare fino all’ultimo, poi abbiamo capito che proprio non era possibile».

Nel suo discorso all’assemblea Pd lei ha citato scuola e lavoro come esempi di politiche renziane che hanno reso impossibile stare nello stesso partito. Si tratta di riforme che risalgono ad alcuni anni fa. Non le pare una scissione a scoppio ritardato?

«Si tratta di errori e di ferite che si sono accumulate. Probabilmente sarebbe stato precipitoso rompere su una di queste riforme. Oggi abbiamo la possibilità di fare un bilancio complessivo di quella stagione».

D’Alema dice che se Andrea Orlando vincesse le primarie anche per voi le cose potrebbero cambiare

«Non credo che il problema si risolva con le persone, perché riguarda gli spazi di vita democratica interna. Cosa cambierà su questo dopo le primarie? E sulle scelte politiche? Io temo che cambi poco. Le regole del Pd sono sbagliate fin dall’inizio, pensate per favorire la proliferazione delle correnti, con il segretario alle primarie si elegge una filiera di dirigenti scelti per la loro fedeltà. Sono cose che dicevo già nel 2007».

Come vi rapporterete con il fronte antirenziano che resta nel Pd?

«La nostra scelta aiuta tutti a fare chiarezza nel dibattito interno ai dem. Fino a qualche giorno fa eravamo solo noi a fare delle critiche, ora questa battaglia passa nelle mani di qualcun altro. Vengono meno gli alibi. E mi riferisco anche ai due candidati alle primarie Orlando ed Emiliano».

Una forza che si ispira al lavoro sembra fatta apposta per parlare al mondo della Cgil, da tempo orfano di un partito amico

«Non spetta a me interpretare le opinioni dei compagni della Cgil. Posso dire però che in questi anni si sono sentiti soli e maltrattati, hanno patito una solitudine sociale e politica. Non si può dimenticare quello che Renzi ha detto della Cgil. E il nostro movimento ha idee sul lavoro distanti da quelle praticate dal Pd in questi ultimi anni».

Lei sosterrà il referendum sui voucher?

«Ho sempre detto che, se le norme sui voucher non cambieranno, sosterrò il Sì».

 

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