Il rullo compressore sulle riforme non va

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Intervista di Giovanna Casadio – La Repubblica

«La sfida per le riforme è lanciata, ma Matteo deve tenere conto delle critiche, non fare il rullo compressore». Guglielmo Epifani, l’ex segretario del Pd e leader della sinistra dem, dà l’altolà. E consiglia al premier di ascoltare proprio quei professori che lo criticano.

 Epifani, i “distinguo” non sembrano intralci al cambiamento?
«Bisogna fare, però fare bene. Questa è una sfida molto complessa. Riguarda il superamento delle Province, che è stato già votato, la fine del bicameralismo con la trasformazione del Senato, la revisione del Titolo V e la legge elettorale. È la più grande sistemazione di poteri e di riforme istituzionali mai tentata in Italia, che consentirà di porre fine a quella transizione che dura da oltre 20 anni. Non si demonizzano perciò le critiche anche quando sono dure e non condivisibili».
 
A chi si riferisce?
«Alle questioni poste da Gustavo Zagrebelsky e a quanto si sta discutendo in Senato anche nelle file del Pd». 
Proprio i professori sono giudicati dal ministro Boschi artefici della melina di questi anni
«Se si ha un disegno forte e convincente si deve sapere rispondere alle critiche nel merito. Va bene dire che c’è un nucleo di conservatorismo, però se il grosso delle responsabilità legislative è ricondotto a una sola Camera e si danno al governo corsie preferenziali, è evidente che si pone il problema anche del ruolo e dei poteri che si riconoscono alle minoranze parlamentari e va garantita loro una maggiore rappresentatività. Da questo punto di vista è stato un bene posporre l’iter dell’Italicum all’approvazione della riforma del Senato. Quando il governo ha ascoltato i suggerimenti della commissione di saggi voluta da Napolitano si sono trovate soluzioni. Andare o meno avanti dipende dalla determinazione politica, i professori non c’entrano».
Il Senato deve essere per forza composto da eletti?
«Se guardiamo all’esperienza europea e all’elaborazione della sinistra italiana non c’è bisogno che il Senato sia eletto direttamente dai cittadini. Abbiamo Camere alte di secondo livello, come in Germania. Ecco, la risposta alle critiche sta nel disegno complessivo delle riforme, che deve tenersi».
 
Ci sarà una maggioranza al Senato o i senatori-tacchini, a cominciare da quelli del Pd, non voteranno la loro fine?
«Nessuno si mette di traverso. Tutto il Pd è interessato affinché la sfida si vinca, se no si lascia un’autostrada ai populismi, alla incomprensibile politica di Grillo. Ma occorre un disegno generale anche per evitare i rischi di maggioranze diverse sui singoli provvedimenti, che Forza Italia non voti il superamento delle Province com’è accaduto, e che domani si possa verificare una cosa analoga. Altrimenti si otterrà un vestito di Arlecchino istituzionale».
Anche lei è diventato renziano?
«Non è questo il punto, appartengo a un’area diversa del partito ma sempre mi sono battuto perché questa legislatura fosse costituente».
La sinistra del Pd si opporrà al decreto lavoro?
«Penso che non sia la riforma necessaria, vedo risposte di stampo vecchio che vanno modificate».
Berlusconi a giorni sconterà la pena. Teme il caos sulle riforme ritiene che semplicemente il leader di Fi uscirà di scena?
«Tocca a Berlusconi fare quello che non ha fatto fino ad ora, dopo la condanna di agosto, cioè decidere una strategia per sé e per Fi, smetterla di inseguire scorciatoie, prendere atto della realtà»