Intervista su trasferimento EXOR in Olanda

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Intervista a RadioRadicale.it su trasferimento EXOR in Olanda di Lanfranco Palazzolo

Radio radicale con il Presidente la Commissione attività produttive di Montecitorio Guglielmo Epifani del PD per parlare del trasferimento della Exor, la cassaforte nella famiglia Agnelli, in Olanda.

Lei Presidente è stato per tanti anni leader di una di una grande confederazione sindacale. Che tipo di considerazioni possiamo fare su questo fatto? E’ preoccupato? 

Preoccupato non so se sia la parola giusta, perché da un certo punto di vista che un’azienda vada a mettere il proprio domicilio fiscale dove è più conveniente diciamo che rientra nella logica di un mercato attento ai valori delle convenienze. Dall’altra però è chiaro che sorgono delle idee e delle domande sul rapporto tra FIAT e famiglia Agnelli con Torino e con l’Italia: qui si rompe anche l’ultimo legame in modo particolare con Torino come giustamente ha detto Presidente della Regione. Non sono tanto preoccupato per la situazione degli investimenti in Italia perché in quest’ultima fase le scelte fatte e anche l’andamento del mercato stanno andando piuttosto bene: i prodotti di qualità che si fanno a Melfi, a Torino, a Cassino, a Pomigliano sono la migliore garanzia per l’occupazione e per lo sviluppo. Certo colpisce che una famiglia che ha legato i suoi destini strettamente all’idea di sviluppo economico del Paese anche con una discussione molto forte negli anni Cinquanta e Sessanta abbandoni definitivamente l’Italia. Ti fa capire che c’è un problema che una parte del nostro sistema finanziario e produttivo non si pone. E la domanda sarebbe questa: ma se tutti coloro che avessero convenienza andare all’estero lo facessero, cosa resterebbe in Italia? 

Ricordo che non fanno la stessa cosa i grandi finanzieri e i grande industriali tedeschi, perché non si può togliere il rapporto con le proprie radici solo in ragione di una convenienza fiscale. Non vanno tutti in Olanda anche se l’Olanda sarebbe più conveniente. La famiglia Agnelli ha deciso di andare. Sarebbe stato meglio anche per ragioni storiche che fossero rimasti.

Prima c’è stato anche l’abbandono della Confindustria da parte di FCA. Volevo sapere se lei ritiene che la confederazione industriale nel nostro Paese svolga un ruolo di effettivo servizio agli imprenditori e se ritiene che, al di là della pressione fiscale, vi sia anche un quadro di insieme che favorisce questi spostamenti. Per esempio si è detto che in Olanda la giustizia civile è più veloce.

Oggi c’è un sistema di convenienze che porta molti ad andare in Olanda. Perché non c’è soltanto il vantaggio fiscale. E non c’è neanche soltanto il vantaggio di una giustizia civile molto più rapida ed efficiente. Ci sono anche, per esempio, alcune norme del Codice civile che consentono di far sì che con un numero più ristretto di azioni tu possa mantenere il controllo della tua azienda. Cioè anche dal punto di vista del diritto societario ci sono delle norme che danno maggior forza agli azionisti attuali rispetto a quelli che domani volessero scalare le imprese. Tutto ciò richiama un altro problema, e cioè come si può costruire un vero mercato unico europeo avendo diritti societari così diversi e situazioni fiscali così diverse, perché naturalmente non puoi pensare di unificare solo alcuni parti della mercato e lasciar fuori altri aspetti che sono essenziali. Ci vuole una convergenza fiscale e societaria.

L’ultima questione riguarda l’occupazione. Qualche esponente delle istituzioni locali ha detto che Torino deve restare la capitale dell’auto. Lei vede nel medio periodo problemi occupazionali per il Piemonte e per Torino?

Ma non più di quello che è stato fino a oggi, perché noi adesso parliamo di Torino pensando soprattutto alla FIAT, ma Torino non ha solo investimenti della FIAT nel settore dell’auto. Ci sono, per esempio, centri di ricerca di altri grandi costruttori di auto. Ciò che si rompe è invece proprio il legame tra la società della famiglia Agnelli, che è sempre stata la cassaforte del gruppo, e l’Italia. Questo mi pare che sia il vero il vero problema. E ripeto: se si parla solo dal punto di vista delle convenienze non c’è nulla da dire. Se però provi a ragionare dal punto di vista del rapporto tra una storia familiare e una storia industriale del Paese allora ti rendi conto che il nostro un Paese un po’ più fragile di altri. Perché ripeto: in altri Paesi questo non avviene, il rapporto con le proprie origini viene salvaguardato anche di fronte alle convenienze fiscali.

L’intervista è stata registrata martedì 26 luglio 2016 ed ha una durata di 5 minuti.


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